Avete mai sentito parlare di rimuginio? Quest’attività mentale viene definita da alcuni autori (Borkovec, Ray & Stöber, 1998) come un fenomeno cognitivo caratterizzato da un predominio di pensiero verbale negativo. Quando c’è un problema vi capita mai di pensare continuamente a quale potrebbe essere l’esito, prendendo in considerazione principalmente le ipotesi catastrofiche? Il rimuginio ansioso è una modalità di pensiero disfunzionale per affrontare un problema: continuando a pensare a quali potrebbero essere gli esiti negativi e catastrofici, anche il problema più piccolo si ingigantisce e al solo pensiero di doverlo affrontare l’ansia aumenta.
Spesso il rimuginio diventa una modalità di pensiero automatica e si mette in moto anche quando non c’è un problema specifico da affrontare.
Nonostante secondo il soggetto rimuginare su un problema possa dare la sensazione di avere la situazione sotto controllo, di avere maggiore probabilità di risolvere il problema e di avere maggiore capacità di ridurre l’incertezza, tutto ciò è una semplice illusione. Rimuginare su un problema consiste nel ripetersi pensieri disfunzionali ansiosi negativi: questo processo aumenta l’intensità delle emozioni negative come ansia e paura, diminuisce la percezione delle abilità utili alla risoluzione perché mi fa pensare all’esito peggiore possibile e il soggetto si percepisce come non in grado di affrontarlo.
Con questa modalità affrontare anche alcuni piccoli problemi quotidiani diventa insormontabile, faticoso e molto stressante.
Diventare consapevoli delle diverse modalità di pensiero che esistono per affrontare un problema e di quale sia quella che prediligo, è il primo passo per il cambiamento.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale può aiutare il paziente a riconoscere le proprie modalità di pensiero, allenarsi a riconoscere i suoi pensieri automatici, vagliare modalità alternative (per esempio il problem solving) e farle proprie.